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Rimini e la Romagna
si candidano a Capitale italiana della Cultura 2026

onda Vieni oltre

Vieni oltre è la traduzione di un secco dialettale Vin olta, univoco nel significato quanto possibilmente mutevole nei toni e nella postura di chi lo pronuncia. Non tragga in inganno l’evidente sgrammaticatura, segno semmai di una città come un “pastrocchio”, più propensa all’anarchia di un disordine creativo che non a una ordinata insignificanza. Non casuale per noi quell’origine dialettale, è la lingua delle madri e dei padri, piena di sentimento, ma allo stesso tempo il dialetto come un tratto inconfondibile di una “riminitudine” che rappresenta il contenuto modernissimo più pervasivo della nostra candidatura. 

Vieni oltre è un richiamo a sé, un invito quasi perentorio di chi marca una sua centralità con le radici ben piantate in un passato bimillenario, ma nel farlo, quell’invito sembra mostrare di portarti lontano, dentro quella zona dell’immaginario, di una città di provincia che Federico Fellini ha reso familiare ad ogni latitudine del pianeta. Come a dire che quell’oltre è piuttosto la promessa di un altrove, fisico, virtuale o letterario, poco importa. E’ sempre un altrove di libertà per tutti gli emisferi che questa città accoglie.

Qui puoi ritrovare in una stessa galleria di immagini identitarie, la sontuosità di un teatro verdiano e alcuni avamposti di tendenza come lo Slego e il Paradiso, l’Arco d’Augusto accostato alle immagini irriverenti di Maurizio Cattelan, il Trecento Riminese e il mondo della notte, il bianco marmoreo del Tempio di Leon Battista Alberti e le immagini stranianti bianco e nero dropout di Marco Pesaresi, Ariminum e Teutonen Grill.

Vieni oltre sembra qui rinnovare il suo invito a non fermarsi alle apparenze e a proseguire con noi per scoprire la compresenza di tutte le ramificazioni pluridimensionali che la nostra città ospita e custodisce amorevolmente, forse la chiave decisiva e non replicabile della nostra candidatura. Ora infatti, muovendosi nel reticolo di un ingente patrimonio culturale, tutti insieme questi emisferi stanno riscrivendo una nuova storia, in un’unica partitura, dove ai fortissimo si alternano i silenzi e ai colori sgargianti dell’estate si oppone il grigio delle foschie e della nebbia, alle masse chiassose la solitudine del corpo, mirabilmente trasfigurato nella sua usura da una folta e radicata comunità di teatranti, dove colto e popolare si incrociano e si arricchiscono a vicenda, dove la storia millenaria e la modernità, la cittadinanza della rivoluzione digitale e la magnificenza delle terre malatestiane, la dimensione immateriale e i nuovi luoghi fisici della cultura, il cosiddetto “alto” e il supposto “basso”, dialogano fra loro e si susseguono come le onde al mare, l’uno e le altre dandosi reciprocamente senso e forma.

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